UNA TURISTA IN CARROZZINA: PALERMO GIOIE E DOLORI
La prima volta che sono andata a Palermo con mia figlia e la mia fedele aiutante è stato in un febbraio ancora freddino di un paio d’anni fa, approfittando dei giorni di vacanza a scuola per carnevale. Il volo da Verona è diretto e low cost, con Ryanair, e questo facilita la scelta di questa meta (nella prenotazione on-line va indicato il passeggero che necessita di assistenza fino al posto in aereo; in caso di carrozzine elettriche con batterie queste vanno tolte prima dell’imbarco e portate col bagaglio a mano…pochi passaggi e il gioco è fatto). L’esperienza è sorprendente: si parte con un tempo invernale freddo e umido, e dopo poco più di un’ora si atterra in una dolce primavera, con erba e piante che iniziano a verdeggiare al sole.
All’arrivo nell’aeroporto “Falcone Borsellino” non ci sono nè bus navetta nè taxi attrezzati per le carrozzine, e così si ha il primo assaggio di come ci si dovrà comportare per visitare la città: inutile brontolare, aspettare che qualcuno si accorga della gravità della situazione e vi dica come fare; bisogna applicare il metodo “Aiutati che Dio t’aiuta”: si va in mezzo al gruppetto dei tassisti e si chiede ad alta voce chi vi può caricare di peso in auto. Funziona, e da lì in avanti tornerà utile altre volte.
Non è facile girare su ruote per Palermo, serve un buon accompagnatore e si incontrano parecchi ostacoli tra cui il più stancante è proprio quello dei mezzi di trasporto, però devo dire che ne vale veramente la pena. È una città dal passato grandioso, è stata nel Medioevo la capitale del fiorente regno normanno e fulcro nel Mediterraneo dei passaggi politici ed economici tra occidente ed oriente, e di questa posizione importante porta un’eredità ricca…di cui spesso i Palermitani stessi non sono consapevoli.
Eh, già, infatti il secondo punto dolente che devo nominare, dopo i trasporti, è la trascuratezza diffusa un po’ dappertutto, dai resti di spazzatura negli angoli meno frequentati ai marciapiedi rotti e sporcati dai bisogni dei cani; gli abitanti se la prendono col sindaco, giustamente, poi si voltano e buttano le cartacce a terra. Cambierà un giorno, e a partire da chi?
Tra il degrado e le meraviglie, l’impressione per il turista di provenienza “nordica” è di trovarsi in una pittoresca e caotica località del nord Africa col traffico quasi totalmente privo di regole e gli autocarri scassati fermi a bordo strada, pieni di pane e verdure colorate in vendita…e che incanto di cavolfiori giganti, carciofi carnosi, arance succulente! Sono tornata più volte a Palermo, e nella valigia di ritorno ho messo…verdure e cannoli (e non sono stata l’unica)!
Descrivendo la mia esperienza nel capoluogo siciliano mi accorgo di passare continuamente da cose negative a cose positive, ma è proprio così che ho vissuto questa città, alternando difficoltà e scoperte inaspettate su cui ci sarebbe tantissimo da raccontare, incontrando indifferenza e grande calore umano, gioie e dolori. Eccone un piccolo elenco:
GIOIE:
• l’ottimo cibo e i dolci, ovunque (tappa obbligata al bar Touring)
• nei mercati e lungo le strade, i banchi pieni di verdure spettacolari e quelli del pesce freschissimo
• l’arte incredibile di palazzi e chiese in cui sono armoniosamente mescolati mondo cristiano, cultura islamica e influssi normanni. Si dice che la storia insegna, e qui c’è molto da imparare: solo per fare un esempio, nel Palazzo dei Normanni su una parete c’è una antica targa in pietra che riporta un’iscrizione in tre lingue: Latino, Greco e Arabo
• i viali in cui si cammina comodamente; il centro storico di Palermo è diviso a croce da due strade, via Maqueda e via Vittorio Emanuele, che portano a tutte le principali zone da visitare e sono prevalentemente chiuse al traffico, perciò facili da percorrere. Addentrarsi invece nelle vie traverse, dove si trovano i tradizionali mercati, è un’avventura a causa della pavimentazione fortemente sconnessa
• i giardini splendidi, per nulla segnalati al turista, con enormi alberi secolari, come quelli di Villa Garibaldi
• un piccolo angolo di paradiso che abbiamo scovato per caso: il giardino silenzioso della chiesa di San Giovanni degli Eremiti
• abbiamo assistito ad un corteo per carnevale dei bambini nel quartiere Ballarò, come risposta della gente alle intimidazioni delle mafie. La forza e la voglia di cambiare passa attraverso i giovani
• il tram: merita una lode a parte, in quanto efficiente ed accessibile al 100%; modernissimo e veloce, transita però solo nelle zone di periferia
DOLORI:
• se chiami l’azienda locale dei trasporti, l’AMAT, ti dicono che funzionano. Ho provato a richiamare, ho scritto varie mail a chi di dovere, ma non c’è verso che la questione venga presa in considerazione. Gli autobus pur dotati di pedane elettriche o manuali non le utilizzano, non funzionano mai
• allora torna utile il metodo “Aiutati che Dio t’aiuta”, rivolgendosi senza timidezza ai presenti, all’autista, agli altri passeggeri. Funziona; tranne se si verifica l’inconveniente descritto nel prossimo punto
• il mal di schiena, fenomeno apparentemente diffuso. Quando si domanda aiuto per superare certi ostacoli alcune persone rispondono immediatamente con una spontanea generosità, altre soffrono di terribili dolori di schiena. Gli ammalati sono più frequenti nella categoria dei dipendenti, ad esempio autisti, addetti a servizi vari presso monumenti o palazzi, ma anche il comune passante può rivelare un’improvvisa preoccupante patologia. Colpa del clima, ma -in questo caso- ci vorrà del tempo prima che cambi
• i cavalli con le carrozze vicino ai “Quattro Canti”, magri e con le “focature” sulle zampe. La focatura è una tecnica antiquata e inutile per le tendiniti, dolorosa, che lascia una serie di punti bianchi ben visibili sugli arti. Roba che si usa nel terzo mondo
• il duomo di Monreale: secondo in Europa per la bellezza dei mosaici, purtroppo però noi l’abbiamo visto all’imbrunire e l’unica parte illuminata era l’abside, mentre tutto il resto era al buio…come non esserci stati. Di Monreale ricorderemo solo il giardino nascosto dietro al duomo con l’albero del Cotone e il secolare Ficus, e le “chiacchiere” comprate al panificio. Peccato.
Per concludere la panoramica, voglio raccontare un’episodio speciale che mostra quale cuore grande può battere nel petto di Palermo. Mi trovavo all’ingresso delle catacombe dei Frati Cappuccini, sapendo di non poter accedere (l’ascensore era rotto) e per la verità poco motivata a visitare un luogo il cui unico messaggio è “Ricordati che devi morire”, ma l’uomo della biglietteria voleva a tutti i costi che io potessi scendere a vedere ogni cosa con i miei occhi. Nel giro di dieci minuti ha recuperato due aiutanti, un amico ed il figlio, e volere o volare mi hanno portata giù, con carrozzina e tutto, per tre rampe di scale. Dopo, finchè risalivamo gli ho chiesto se non era troppo pesante per loro; allora lui, affannato, mi ha detto: “Se Nostro Signore ha sopportato la croce, che cosa volete che sia per me un po’ di fatica”.
Una lezione di vita imparata a Palermo, capitale multiculturale e luogo in cui i contrasti convivono ancora oggi in armonia.
Valentina Bianco