Diritti negati al tempo di Covid
Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ha avviato un’interlocuzione con tutti i Presidenti delle Regioni, per far sì che ogni eventuale situazione di confinamento delle persone con disabilità in strutture residenziali non si protragga ulteriormente.
A tal proposito è stata ora inviata dal Garante una lettera agli stessi Presidenti delle Regioni, volta appunto «a sollecitare un controllo, o laddove necessario una revisione, sulla corretta applicazione delle nuove regole che definiscono le modalità di contatto tra gli ospiti delle strutture delle residenze per persone anziane o con disabilità e i loro cari».
«La totale chiusura delle strutture – si legge in una nota diffusa dall’Ufficio del Garante – a seguito delle norme emanate al primo manifestarsi della pandemia, le aveva trasformate in luoghi rientranti nell’ambito del nostro mandato di vigilanza, in quanto di fatto privativi della libertà: da qui non solo il monitoraggio della diffusione del contagio da Covid-19, ma anche la vigilanza sulle condizioni di ospitalità delle persone e sulle misure adottate per affrontare l’emergenza sanitaria».
Dal Garante viene dunque reso noto che numerose sono state le segnalazioni giunte sul fatto che «ancora oggi, in molte strutture, le persone anziane o con disabilità non hanno la possibilità di incontrare le persone care o di riferimento; in altre tale possibilità è estremamente ridotta e talmente rigida da rendere difficile la significatività dei contatti. E in molti casi, soprattutto per persone con disabilità, l’assenza di relazioni anche gestuali dirette determina una regressione cognitiva con forte rischio di istituzionalizzazione».
Il Garante ha evidenziato quindi «il rischio che la cosiddetta fase 2 continui a mantenere in queste strutture una sorta di separatezza prolungata che così si trasformerebbe in una ordinarietà caratterizzata dall’isolamento dal mondo esterno e dalla rarefazione degli incontri con le persone care. Ciò può così configurarsi, inoltre, come forma di discriminazione in ordine all’età della persona o al grado di disabilità».
Su tale questione, la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) -, aveva preannunciato il possibile ricorso alle vie legali, di fronte alla situazione riguardante la Lombardia, mentre proprio prima avevamo raccolto sulle nostre pagine la denuncia di Gianfranco Vitale, genitore di una persona con disturbo dello spettro autistico, che tramite il proprio legale aveva inviato una lettera di diffida a una struttura del Piemonte e a tutte le Istituzioni competenti, chiedendo il ripristino immediato dei suoi contatti con il figlio, come avveniva prima dell’emergenza da coronavirus.
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