Parte prima
Alcuni nostri lettori ci hanno chiesto di inserire nell’Informatore una rubrica che parli del G.A.L.M e della sua storia. Il G.A.L.M. è una della primissime associazioni di persone con para/tetraplegia sorte in Italia. Perchè e come è nato, quali scopi si prefiggeva, chi furono queste persone che nel 1977 capirono l’importanza di costituirsi in associazione? Ora, a distanza di 40 anni è bello ricordare quei momenti, soprattutto per i più anziani; momenti dove, pieni di entusiasmo, si guardava al futuro decisi più che mai a uscire da una situazione di sostanziale emarginazione nella quale il mondo di allora ci aveva relegato, emarginazione causata anche da un percorso di riabilitazione assolutamente inadeguato, quello che, perlomeno in Italia, si praticava nei nostri ospedali. Crediamo sia importante, anche per i più giovani, conoscere la nostra storia, fatta spesso di battaglie contro l’indifferenza della società di allora, quando le città erano piene di ostacoli, di barriere architettoniche e culturali che rendevano molto difficile la nostra vita. Ora la situazione è notevolmente cambiata in meglio, anche se rimane ancora molto da fare. In questi anni a Verona, ma anche in altre parti d’Italia sono sorte diverse Unità Spinali che sono in grado di riabilitare persone con para/tetraplegia nel migliore dei modi. Sono entrate in vigore poi alcune leggi con lo scopo di rendere maggiormente fruibili le nostre città, di facilitare l’inserimento sociale e lavorativo di queste persone. Allora cerchiamo di ripercorrere alcuni dei momenti che hanno visto nascere il G.A.L.M., per capire in che modo la nostra associazione ha contribuito a migliorare la qualità della vita delle persone con lesione al midollo spinale. Partiamo con questo scritto di Eugenio Marchesini, uno dei fondatori del G.A.L.M. e principale artefice della sua crescita. Eugenio è rimasto impegnato in associazione fino al giorno in cui un tragico e banale infortunio lo ha costretto all’immobilità prima della sua morte nel 2013. Questo scritto è apparso sul libro “I 30 anni del G.A.L.M.” pubblicato nel 2007.
La redazione
LA NECESSITÀ DI UNIONE di Eugenio Marchesini
Pur non avendo mai avuto una lesione al midollo spinale, è dal 1° aprile 1956 che sono coinvolto nelle problematiche delle persone con paraplegia e tetraplegia e che lavoro al loro fianco. Alcune di queste, non avendomi conosciuto personalmente perché residenti in altre città, sono rimaste sbalordite quando hanno saputo che non ero in carrozzina. Una di loro, dopo che aveva saputo della mia situazione di “normodotato”, mi ha chiesto scherzosamente: «Da quando e come è successo il contagio della para-tetraplegia?». Come ho detto sopra, il “contagio” avvenne il primo aprile 1956, quando entrai a lavorare nella Divisione Traumatologica degli Istituti Ospedalieri di Verona. Pur non avendo intenzione di fare l’infermiere ma di essere addetto a qualsiasi altra occupazione, fui invece mandato proprio in Traumatologia. Appena mi vide la caposala, mi affidò ad un infermiere, Amedeo, che aveva l’incarico di preparare e mettere in carrozzina le due persone con paraplegia presenti nella divisione: Davide Tebaldi e Vittorio Bodini. L’impatto con queste persone, le prime di una serie che poi avrei conosciuto, fu per me alquanto sconvolgente soprattutto per le condizioni in cui versavano i due malcapitati, delle quali preferisco omettere la descrizione. A tranquillizzarmi e a farmi capire che sarebbe stato per me possibile intraprendere la vita infermieristica, fu il modo amichevole di rapportarsi del collega Amedeo con Davide e Vittorio, e viceversa, e la serenità con cui questi ultimi stavano vivendo la nuova situazione dopo l’incidente e nonostante il precario trattamento di cura in uso in quei tempi.
Poi, poco alla volta, conobbi molte altre persone con lesione al midollo spinale, dato che all’incirca fino al 1980 il trattamento della mielolesione era di competenza della Traumatologia per poi passare alla Neurochirurgia. Instaurai con tutti loro soddisfacenti rapporti, talora anche di vera amicizia, specie da quando mi fu dato il compito della loro assistenza. Tra tutti quelli che conobbi, ricordo in modo particolare Gaetano Maschi (Tano) il quale in seguito ad un incidente stradale avvenuto il 14 marzo 1974, riportò la paraplegia. Tra noi due nacque una vera amicizia. Amicizia, che si proiettava sempre più al di fuori di noi stessi, per abbracciare le problematiche di tutte le persone con para-tetraplegia, considerandole “nostre”.
Tano aveva sempre davanti a sé un modello di persona con paraplegia che abitava nelle vicinanze del suo paese natio, al quale non voleva assomigliare, tanto era mal ridotto, e a cui non voleva che neanche i suoi “colleghi” assomigliassero. Pertanto, una volta uscito dall’Ospedale, trovava sempre il tempo e il modo di far visita a queste persone, per sostenerle nella loro nuova realtà. Quando ritornava da queste visite, talvolta era molto rattristato, perché scopriva gente chiusa in casa da anni, senza alcun interesse, in un’apatia cronica. Perciò si rafforzava sempre più in lui l’idea di costituire un “gruppo” che si interessasse a fare qualcosa per queste persone. Di questo suo progetto, oltre che con coloro che erano suoi “colleghi”, parlava sempre insistentemente anche con me, perché accettassi di associarmi al primo nucleo del nascente G.A.L.M., in quanto, diceva lui, “esperto” della lesione midollare.
Vedendomi sulle prime un po’ titubante, anche se attratto dal desiderio di essere ulteriormente utile agli altri, ma allo stesso tempo preoccupato per il grosso impegno, Tano mi disse: «È ormai da tempo che ti sto dicendo che ti devi interessare a noi, persone con para-tetraplegia, ma non ti vedo ancora convinto di farlo. Deciditi in fretta perché noi abbiamo bisogno di unirci e tu devi essere con noi!». La proposta di Tano, formulata a modo di ultimatum, fu per me decisiva; così si iniziò, assieme ad altre persone, nel 1977, la costituzione del G.A.L.M..
Dal momento del mio decisivo “sì”, non ci fu più verso di fermarci. Al fine di dar vita al “gruppo”, Tano ed io ci demmo da fare per cercare persone valide ed esperte nel campo della para-tetraplegia, affinché fossero disponibili per l’organizzazione dello stesso gruppo e gli dessero un’adeguata fisionomia “riabilitativa”, ancora utile, a quei tempi, anche alle persone con mielolesione in fase stabilizzata. Ne trovammo quante bastavano per affrontare i problemi organizzativi e per offrire al gruppo il giusto orientamento. Alcune di queste persone si aggregarono subito agli ideatori del progetto partecipando alle riunioni apposite, mentre altre diedero il loro appoggio dall’esterno. Tra queste sono da segnalare: Fernanda Innocenti, Direttrice della Scuola per Fisioterapisti di Verona, il dottor Giorgio Salvi, Primario della Riabilitazione Intensiva dell’Ospedale di Negrar, il dottor Giuseppe Castellarin, allora Direttore Sanitario degli Istituti Ospedalieri di Verona, e molte altre.
Da quel momento gli incontri dei componenti il “nucleo” del G.A.L.M. non si svolsero più a Tregnago, che si può considerare il luogo in cui fu concepita l’Associazione, e trovarono la loro sede a casa di Tano in via Lazzaretto 17, a Porto S. Pancrazio a Verona.
Fu provvidenziale l’offerta del signor Renato Fortini, padre del nostro socio Rolando, il quale ci disse che, se ce la sentivamo, potevamo trasformare un grande locale agricolo in disuso di sua proprietà situato a Caldiero, in sede del G.A.L.M., con uso gratuito fino a che non gli fosse di nuovo servito. Tano si attaccò al telefono e saltò sul sedile della sua motocarrozzina, ed in un battibaleno, arrivarono sul posto autocarri di materiale edile e uomini armati di attrezzi per ristrutturare. Tutto gratuitamente. Così il 3 giugno 1978 fu inaugurata la prima sede d’incontri del G.A.L.M., denominata “l’Arcobaleno”, perché si voleva con questo nome indurre tutte le persone con lesione midollare ad impegnarsi, nonostante tutto, ad imboccare la strada della positività e della propria realizzazione.
Sono molte le persone da ricordare e ringraziare per aver collaborato alla realizzazione della nostra sede di Cald iero; peraltro l’elenco è stato fatto nel libro redatto in occasione del 20° anniversario del G.A.L.M.. Si vogliono qui ricordare i due personaggi, ora purtroppo scomparsi, che forse più di altri hanno contribuito, e cioè Silvio Turco e Toni Grolla, i quali, oltre a prestare la loro opera rispettivamente di idraulico e di imbianchino, seppero cercare altri donatori del materiale necessario per la ristrutturazione del locale.
Qualche anno dopo fummo costretti a lasciar libero il locale di Caldiero e quindi per le assemblee dovemmo vagare di qua e di là, mentre i Consigli Direttivi si tennero a casa di qualche Consigliere oppure presso una saletta di qualche bar. Desideravamo sempre però una nuova sede da trasformare in “Arcobaleno”. Finalmente nell’assemblea del 2 marzo 1985 tenutasi presso i Padri Camilliani a Quinzano, il presidente Giuseppe Stefanoni e Renzo Benedetti diedero la notizia che sarebbe sorta a Pozzo di San Giovanni Lupatoto la nuova sede del G.A.L.M..
Il comune di S. Giovanni Lupatoto , tramite l’interessamento del Sindaco Giusto Vecchiato, concesse il terreno in comodato, mentre quello di Buia, in provincia di Udine, tramite l’interessamento del socio volontario Renzo Benedetti, cedette al G.A.L.M., a titolo gratuito, un prefabbricato di 190 mq abitato dai terremotati del Friuli prima della ricostruzione degli alloggi. Sempre nella medesima assemblea furono nominati i responsabili dei lavori: Antonio Grolla, Renzo Benedetti e Giacinto Scandola. .Il trasporto del fabbricato da Buia al Pozzo fu effettuato da una colonna di autocarri della Brigata alpina “Julia”, mentre gran parte del lavoro di allestimento è stato compiuto dagli Alpini in congedo dei Gruppi di San Giovanni Lupatoto, Tregnago e Cellore d’Illasi. Così l’8 novembre 1986 ci fu l’inaugurazione de “l’Arcobaleno” di Pozzo di San Giovanni Lupatoto, attuale sede del G.A.L.M..
Il giorno 6 giugno 1980 Gaetano Maschi ci lasciò con grande dolore dei suoi familiari e degli amici del G.A.L.M., i quali lo vollero salutare attraverso il settimanale “Verona Fedele” del 19 giugno 1980
Gli amici del G.A.L.M. salutano Gaetano
Siamo ancora storditi, ci parte impossibile… in tanti siamo venuti a salutarti; tanti che hai conosciuto ed amato e che ricambiano questo tuo affetto. Noi, scrivo noi perché sono la voce dei tuoi amici del G.A.L.M., ti abbiamo conosciuto dopo l’incidente. Quando ci siamo incontrati tu continuavi a parlare di altri lesionati, dicevi che dovevamo trovarci per trattare i nostri problemi. Parlavi delle difficoltà, dell’uno e dell’altro lesionato che avevi conosciuto. Facevi pressione anche sull’amico Eugenio. Tu avevi capito che valeva ancora la pena di vivere, di soffrire e di gioire come e con tutti gli altri, e questa era una scoperta che non poteva restare tuo patrimonio esclusivo. Dovevi scuotere quanti avevano subito un trauma e convincerli che, nonostante tutto, bisognava continuare a vivere con fiducia, con tenacia, con laboriosità; che non era la fine. E tu offrivi, con semplicità, la tua amicizia a tutti. La vostra casa era sempre aperta… dico così, perché tu ed Irma, tua moglie, siete della stessa pasta: avete un gran cuore.
Grazie Gaetano e grazie anche a te, Irma, per la simpatia, il coraggio e l’amore schietto e genuino lasciati cadere così, come fossero cose di poco conto… semi preziosi che hanno portati i loro frutti.
Gaetano, se c’è il G.A.L.M., se tanti lesionati sono usciti, se siamo usciti dal nostro “guscio”; se tanti non lesionati si sono uniti a noi, per dare, in spirito di collaborazione, un modesto, ma doveroso contributo per l’avvento di una società più umana, basata sull’amore e non sull’egoismo, è merito tuo, Gaetano. La spinta è partita da te. A casa tua sono rimasti i lavori iniziati prima di entrare in ospedale… segno della tua laboriosità. Beppino e Loretta, vostro padre è partito, lasciando un gran vuoto, però vi è rimasta in eredità una via da seguire. Irma, ci stringiamo a te… abbiamo parlato anche troppo, ma ci sembrava doveroso.
Tu ora Gaetano, sei affidato, come ha ricordato padre Carlo, alle braccia misericordiose del Padre, che rende, a chi ha donato, il centuplo. Arrivederci, Gaetano! Noi resteremo, finché Dio vorrà, a continuare il lavoro che tu hai condiviso. Quando saremo stanchi, penderemo a te e anche all’altro nostro coraggioso amico Mariano, che da poco ci ha lasciato. Siate entrambi vicini a noi, perché sappiamo essere coraggiosi, perseveranti nell’amore alla vita e all’uomo: ad ogni uomo. Arrivederci, Gaetano! Appuntamento… Là dove la vita è data in pienezza.
I tuoi amici del G.A.L.M