La lettera di papa Francesco ad Alessandro Zanardi
di Danilo Castellarin

“Carissimo Alessandro,
la sua storia è un esempio di come riuscire a ripartire dopo uno stop improvviso.
Attraverso lo sport ha insegnato a vivere la vita da protagonista, facendo della disabilità una lezione di umanità.
Grazie per aver dato forza a chi l’aveva perduta.
In questo momento tanto doloroso le sono vicino, prego per lei e la sua famiglia.
Che il Signore la benedica e la Madonna la custodisca. Fraternamente”.

Francesco


Non era mai capitato prima che un pontefice scrivesse a un atleta famoso vittima di un grave incidente. Lo ha fatto papa Francesco che in più di un’occasione ha dimostrato grande sensibilità per chi soffre. Il messaggio del Papa è stato inviato alla famiglia di Alessandro Zanardi, che vive nel padovano, tramite don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova. Giornalista e conduttore televisivo su TV 2000, con Zanardi ha corso le maratone di New York, Venezia e Padova diventandone amico.

“Alex -spiega il sacerdote- piace a papa Francesco perché è molto vicino al senso del suo pontificato, perché ha trasformato la disabilità in una grande lezione di umanità e il Papa cerca sempre di restituire autostima a chi è in difficoltà, a chi si sente ai margini”. Perché il vero disabile non è chi non cammina sulle sue gambe.  Su questo argomento abbiamo spesso coinvolto i nostri associati del Galm, cercando di raccontare e testimoniare le “leve” sulle quali hanno fatto forza per uscire dalla galleria. E quasi sempre ci ha conquistato chi, per farcela, non ha vinto le Olimpiadi misurandosi contro qualcosa o qualcuno, ma soprattutto chi, con semplici vite quotidiane fatte di tanti piccoli gesti, presenze, affettività – lontane dai riflettori ma non meno ammirevoli- ogni giorno ha superato se stesso, dimostrando una straordinaria capacità di ricominciare. Dolcemente. Silenziosamente. Caparbiamente. Anche se dentro il cuore il dolore era lacerante. Come ricordava Franco Bomprezzi, la disabilità si cela negli occhi di chi la guarda. E c’è una montagna di lotte da intraprendere per chi non vuole riconoscere la “normalità della diversità”. Certo, l’incidente a un amico-campione come Alex fa notizia. Ma non deve fare meno notizia l’amministratore pubblico che se ne  infischia delle leggi  sulle barriere architettoniche o quello che chiude un occhio sui permessi rilasciati ai falsi invalidi, chi cambia albergo se in sala da pranzo lo infastidisce la vista di una carrozzina senza nemmeno sforzarsi di capire che la vita è un affresco con molti colori diversi, affascinante nel suo insieme.

Zanardi e Vio, come Regazzoni prima di loro, sono personaggi importanti perché lottano per sollecitare cambiamenti culturali e strutturali, diventando simboli, portavoce, alfieri di istanze per tutti. E di lavoro da fare ce n’è ancora molto perché, a dispetto dell’universalismo di moda, dei viaggi facili, delle distanze accorciate fra paesi che fino a pochi anni fa apparivano lontani e remoti, viviamo ancor oggi in una società discriminante con abissali differenze di garanzie sociali e sanitarie e diritti frammentati o negati che innescano pericolose guerre tra poveri. La “visione inclusiva” è ancora in molti casi una chimera e non è per nulla scontato poter mettere ogni persona con disabilità in condizione di interagire con l’ambiente nel quale vive, di scegliere il proprio progetto di vita, di muoversi liberamente, in casa e fuori, di partecipare alla vita sociale, lavorativa, culturale, sportiva. Per vincere queste lotte servono certamente testimoni illustri, ma anche -e insieme- tanti impegni quotidiani fatti di piccoli gesti.

Il campione aiuta perché fa notizia, innescando l’onda dell’entusiasmo. Ma non è indispensabile vivere da campioni. Ci sono vittorie più dure anche se meno appariscenti che nessuno mai premierà con una medaglia e forse per questo ancor più meritevoli, staffette quotidiane per trasmettere al futuro una promessa di civiltà.


VALENTINA BIANCO Chiunque può e deve sentirsi come Alessandro Zanardi perché la libertà è un diritto di tutti, anche senza essere famosi come lui. Mi spiego meglio con un esempio: in luglio, quando faceva molto caldo, io e mia figlia Matilde, 17 anni, abbiamo deciso di trascorrere una breve vacanza in Sardegna. Sembrava tutto facile e conveniente: voli economici, orari perfetti, proposte allettanti, pandemia lontana. Ma al momento di prenotare ho sbattuto il muso contro le solite difficoltà: accessibilità di spiagge e alberghi, trasporti, barriere. Su internet c’era scritto tutto sui cani e i gatti, ma non una parola sulle persone con disabilità. Eccoci di nuovo, mi sono detta. Per questo dico grazie Alex, ma a tutti gli altri mille sconosciuti come me dico di non mollare perchè i diritti negati sono ancora tanti, troppi”.

 CARLOTTA DAMIANI Esistono i superuomini ed esistiamo noi. La condivisione di una condizione sfuma agli occhi esterni, quattro ruote come denominatore comune, nulla più. Avanti la storia più che l’uomo, e che sia eroica, e che sia immortale, forgiata dalla narrazione altrui, anche se spesso distonica con le parole del protagonista stesso. Alex Zanardi ne è forse l’esempio più brillante. Era davvero necessario un altro inciampo, se non l’ipotesi d’un errore affinché gli riservassero la facoltà di essere troppo umano? Che la sua storia diventi questo, ora, un esempio di rinascita e fallimento, che è forse il binomio più autentico e bello che può descrivere la disabilità. Ma questo, l’uomo che crea il superuomo non lo vuole sapere.

 GABRIELLA FERMANTI “La vita è come un giardino con tanti fiori. Ci sono quelli colorati e appariscenti ma anche la piccola fogliolina che nessuno vede. Eppure anche lei è indispensabile per l’equilibrio della natura. Zanardi è una testimonianza di vita eccezionale perché ha dimostrato come una persona, grazie alla tenacia e alla costanza, possa risalire dal pozzo più nero. Nel mio piccolo mi alzo alle sei e mezzo della mattina per aiutare i miei figli a tirar su tre nipotini, tutti maschi. Hanno un anno mezzo, quattro e cinque anni. Arrivano alle otto e mezza del mattino e appena entrano in casa sciamano nelle stanze cercando me ed Enrico, tempestandoci di tanti perché e inondando la nostra casa di gioia. È un impegno quotidiano, che dura fino a sera, quando, stanchi ma contenti, andiamo a riposare per essere pronti ad accoglierli l’indomani. È questa la nostra sfida, la nostra corsa, la nostra medaglia più bella”.

 ALDO ORLANDI “Alex ha insegnato a reagire pensando a quello che poteva ancora fare e non a quello che aveva perduto. Ma non lo ha fatto da solo. Un grande merito va a chi gli è stato vicino, la moglie, il figlio, la famiglia. Il suo incidente e il successivo coma mi hanno fatto rivivere il lungo periodo seguito alla mia caduta in bici. Per un mese, dopo due di coma profondo, sono stato sveglio e cosciente ma non in grado di parlare e mangiare spontaneamente. È stato un periodo terribile, pieno di incubi, che ancor oggi riaffiorano, di tanto in tanto. Non vorrei rivivere un’esperienza simile e se penso a un altro grande campione come Michael Schumacher non credo sia giusto trascorrere il resto della vita accudito da infermieri e macchinari, privato della capacità di pensare, comunicare ed organizzare la propria vita. E, pur se con infinita tristezza, penso in cuor mio che non abbia senso proseguire in quelle condizioni

 GIUSEPPE STEFANONI “È molto bello che il nostro Papa abbia espresso in una lettera la sua ammirazione verso Alex Zanardi definendolo protagonista del valore della ripartenza attraverso lo sport, che permette di trasmettere a tutti coloro che sono nel buio della disperazione, quando tutto sembra essere perduto, persino quando si sta per soccombere sotto il peso degli errori commessi, una seconda possibilità. È un pensiero per Zanardi ma anche per chi ha subito una lesione midollare e si trova ad affrontare una nuova vita che, nonostante una gravissima menomazione, può essere vissuta pienamente come ha fatto lui. Esempi positivi ce ne sono moltissimi e non solo tra i campioni sportivi, ma anche fra coloro che conducono una vita normale che non fa notizia, impegnandosi in famiglia o sul lavoro oppure in società. L’ammirazione di Papa Francesco va sicuramente anche a loro”.