La persona con disabilità deve imparare a mettersi in gioco, pretendendo i propri diritti ma consapevole dei doveri di cittadino e lavoratore.

Anna è un’architetta. Si è fatta male in un luglio caldissimo di un paio d’anni fa, perdendo l’equilibrio in un cantiere: uno dei tanti incidenti sul lavoro di cui sentiamo parlare quasi quotidianamente. Lei ha riportato la frattura di quattro vertebre e una lesione midollare. Mi ha raccontato la sua storia quando era ricoverata all’Unità Spinale di Negrar, ma poi ha vissuto altre vicissitudini, e ci siamo sentite stasera, in una lunga telefonata-intervista.

Dopo avermi raccontato la sua storia recente, iniziamo a parlare di lavoro. Al momento Anna è un po’ triste. Aveva una vita dinamica, con una dozzina di ore fuori casa, in giro per i cantieri: dal progetto alla realizzazione, era lei che controllava che tutto andasse bene. Dopo la caduta e la prima dimissione, il suo orario si era ridotto, ma di poco; il lavoro comunque l’assorbe, è una passione, le richieste tante… ma poi il corpo reclama, e una seconda caduta la costringe a ritmi più dilatati. Nonostante un marito premuroso e delle splendide amiche, deve ritagliarsi il tempo per fisioterapie e visite varie.

Ben presto Anna si rende conto che il suo lavoro nei cantieri resterà un ricordo: le impalcature sono inarrivabili, le scale insuperabili, l’esplorazione delle altezze possibili solo sullo schermo di un pc. Ma…

Ma una mente aperta resta all’erta, come una volpe fiuta l’aria intorno a sé. E Anna scopre un Master on line, un progetto innovativo che coinvolge ben cinque università: Roma, Venezia, Udine, Napoli, Firenze. Si iscrive. Il corso è impegnativo, ma dà molta soddisfazione; è un corso di alta formazione sull’Accessibilità ambientale; si tratta di come adattare l’ambiente alle persone. Non è facile, nelle nostre città d’arte, con i centri storici pavimentati di ciottoli o di pavé, con i nostri palazzi privi di ascensori, con le scalinate e le fontane inaccessibili alle persone disabili. Anche noi abbiamo diritto alla bellezza, a una vita sociale dignitosa e varia, alla cultura, allo sport. Il corso si concluderà a Roma il 18 maggio e Anna sta programmando il suo viaggio; il treno- dice- non è un problema, ma deve anche trovare l’hotel per il pernottamento. Questo viaggio le permetterà di vedere il progetto di accessibilità di Roma.

E qui a Verona? Le chiedo

“Stiamo costituendo, all’interno dell’Ordine degli Architetti, una Commissione sull’Accessibilità ambientale, che Verona non aveva. Qui -precisa- si svolgeranno le Paraolimpiadi e ci sono dei fondi regionali che bisogna saper spendere, oltre a quelli del PNRR”.

In giugno Anna è andata a Vicenza coinvolta da Gabriella, entrambe partecipanti al tavolo del convegno regionale sull’accessibilità. Lì ha conosciuto l’architetto Stefano Maurizio, che sta studiando un piano di accessibilità per l’Arena. La Commissione avrebbe lo scopo di dialogare col Comune proprio in vista di questi lavori, in modo che gli investimenti siano efficaci.

Oltre a lavorare in prima persona, Anna ha coinvolto anche tre giovani architette sul tema del design for all, che significa design per tutti: tutti devono avere la possibilità di accedere! Si lavora sull’accessibilità da parte di tutti, nonostante la disabilità che una persona può avere (sono state raggruppate in quattro tipologie: motoria, sensoriale, cognitiva, psichica). Dovrebbero essere coinvolte pure le scuole, si tratta anche di divulgare il concetto di inclusione. Concordiamo che Verona, da questo punto di vista, è un disastro, soprattutto in centro storico, ma una progettazione inclusiva raccoglie questa sfida, proprio per rendere accessibile a tutti l’arte e la bellezza della nostra città.

Poi Anna si appassiona, ed entra nello specifico, elencando tutte le difficoltà che un disabile incontra: il saltino tra il marciapiede e l’attraversamento pedonale, gli stalli per i disabili nelle vie a senso unico, l’inutilità di colori accesi nei percorsi per i ciechi… ci sono tante possibilità di progettazione, e la Regione li finanzia, sarebbe assurdo sprecare l’occasione! Ma Anna ha anche altri progetti in vista. Le piacerebbe poter dare consulenza, lei che vive in prima persona le difficoltà che incontra una persona in carrozzina. Nel giro di qualche anno, tutti i Comuni dovranno avere un responsabile dell’accessibilità. Tutti dovranno rispettare certe regole, e chi controlla non potrà prestarsi a connivenze: i locali, i negozi, gli uffici devono essere realmente accessibili. Perché “accessibilità- dice- significa autonomia delle persone, e del resto l’invalidità può anche essere temporanea: perché impedire a un ragazzino che si è rotto una gamba di veder giocare la sua squadra preferita?” “In realtà- puntualizza – siamo fermi alla legge 236 del 1989. Ci sono barriere anche nei Comuni: ascensori microscopici, porte strette, corridoi occupati da fotocopiatrici… ti deprimi! Poi- continua- ci sono anche comuni virtuosi, come Fumane, Bussolengo, Pastrengo… A Peschiera del Garda ogni negozio ha la sua pedana d’ingresso. Sì, è vero, sono brutte, sono grigie…”

Facciamole colorate! – propongo. -E dove andrai in ferie?- le chiedo

Al mare- risponde lei, sicura.

Chissà cosa vedrà, al mare! Di sicuro quegli amministratori non dovranno stare tranquilli, se c’è in giro l’occhio di falco di Anna.

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