Continuano i racconti delle esperienze lavorative dei nostri associati.
La persona con disabilità deve imparare a mettersi in gioco, pretendendo i propri diritti ma consapevole dei doveri di cittadino e lavoratore.

Oggi volevo intervistare Paolo rispetto la sua esperienza di yoga, confrontandola con la mia. Ma la nostra conversazione ha preso una piega diversa, così l’ho seguita: Paolo ha una vita movimentata, e finiamo a parlare di lavoro… Ha scelto di fare yoga perché ha una lesione alta (D2-D3) che a volte gli procura dolori al collo e alla schiena.

Paolo, mi dicevi che hai una vita movimentata…

Sì- racconta- ho sempre fatto sport. Una volta, prima dell’incidente, andavo in bici, è così che è successo. Correvo su una strada larga, a Veronella, e mi sono imbattuto in un trattore fermo sul lato della strada. L’impatto è stato forte, mi si sono spezzate due vertebre, lesione completa. Ho fatto quattro mesi di riabilitazione poi sono ternato al lavoro. A tempo pieno, otto ore! Poi mi hanno spiegato che avrei potuto ridurre l’orario, e così ho fatto: sei ore al giorno è tutta un’altra cosa, anche perché bisogna tener conto del tempo che si passa in auto.
Paolo parla velocissimo, faccio fatica a stargli dietro con gli appunti, ti coinvolge nel racconto, mi chiede di me, mi fa i complimenti per il libro che ho scritto e mi racconta di suo figlio che abita in un altro Paese ed è attivo su Instagram (poi mi manderà anche il link).

Raccontami di te- riprendo-, che lavoro fai?

Ah, sono impiegato… sono impiegato in un ufficio acquisti, presso una grossa ditta, la FIME, a Belfiore, 15 chilometri da casa. Non sono tanti, ma in questo periodo sulla strada ci sono tante interruzioni a causa dei lavori della TAV. La ditta è grande, perciò ha potuto permettersi di predisporre per me l’ascensore e il bagno adatto.

Ti piace questo lavoro? Di cosa si tratta?

Sì, mi piace, è un lavoro stressante, ma mi tiene impegnato nella mente e nel fisico, è importante, altrimenti ti atrofizzi. Tra due anni ho la scadenza dell’invalidità e tra quattro forse potrei andare in pensione, non lo so, deciderò tra due anni.

E cosa fai?

La FIME vende ferramenta solo ai professionisti (come fabbri, falegnami, idraulici, ecc.), ma fa parte del gruppo WUERTH, che possiede altre ditte dello stesso tipo, concorrenti tra loro.  Abbiamo nomi diversi, ma spesso il prodotto è uguale. Assorbono le ditte ma tengono vivo il marchio. Io sono impiegato nell’ufficio acquisti.

Perché è stressante?

Eh, abbiamo 250 venditori, e a ognuno bisogna procurare quello che gli viene richiesto dai clienti. La difficoltà sta nel reperire gli articoli “fuori catalogo”, cioè quelli che non commercializziamo noi direttamente, dalla vite strana al trattore. Devi trovare il prodotto, proporre l’offerta, e soprattutto rispettare i tempi di consegna: devi essere veloce a rispondere, scrivere mail, ricevi sollecitazioni e molto altro.

Adesso capisco perché parli così veloce…

Ma mi piace il lavoro. Il lavoro, a parte il valore economico, dà un senso alla vita. È importante a livello mentale, per non lasciarsi andare. È un po’ come lo sport, ti solleva dallo stress, ti toglie energia, è vero, però ti gratifica per il risultato che ottieni.

Mi vengono in mente altre storie, quella di Barbara, di Derina… Il risultato: è quello di accontentare il cliente?

Sì! -esplode- accontenti il venditore e il cliente! È proprio questo, c’è anche un aspetto relazionale che mi dà tanta soddisfazione!

Non finirò mai di stupirmi, tutti siamo stanchi del nostro lavoro, ma la soddisfazione di avere il nostro posto nel mondo è incomparabile. Grazie, Paolo