Coniugare le esigenze familiari con quelle lavorative è un’impresa difficile per tutti, ma lo è ancora di più per i lavoratori che assistono familiari disabili e per gli stessi lavoratori disabili. In queste difficoltà gioca un ruolo fondamentale la sede di lavoro: la scelta della sede di lavoro, la richiesta di trasferimento, il rifiuto al trasferimento. Di tali aspetti si occupano gli articoli 21 e 33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104. Purtroppo l’esigibilità di tali diritti non è sempre così semplice.
LA SCELTA DELLA SEDE
I commi 5 e 6 dell’articolo 33 della Legge 104/1992 prevedono che il genitore o il familiare lavoratore e il lavoratore disabile abbiano diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. Questa disposizione, proprio a causa di quel “ove possibile”, si configura come un interesse legittimo, ma non come un diritto soggettivo insindacabile. Di fatto, quindi, l’azienda può produrre rifiuto motivandolo con ragioni di organizzazione del lavoro. Questa al momento è la tendenza interpretativa prevalente anche in sede giurisprudenziale. Le condizioni per accedere a questo beneficio sono comunque legate, per i familiari, all’assistenza continuativa ed esclusiva del congiunto con disabilità. Anche per questo beneficio, come per i permessi, non è richiesta la convivenza. Va precisato inoltre che l’interpretazione ormai prevalente e consolidata è che l’agevolazione riguardi le persone con handicap con connotazione di gravità, beneficiarie di tutte le agevolazioni previste dall’articolo 33 della Legge 104/1992. Questa annotazione è necessaria in quanto il comma 5 non indica esplicitamente la gravità dell’handicap. Una disposizione particolare (articolo 21) riguarda le persone handicappate “con un grado di invalidità superiore ai due terzi” o invalide per servizio di prima, seconda o terza categoria (Tabella A della Legge 10 agosto 1950, n. 648). Nel caso vengano assunti presso gli enti pubblici come vincitori di concorso o ad altro titolo, hanno diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili.
IL RIFIUTO AL TRASFERIMENTO
I commi 5 e 6 dell’articolo 33 della Legge 104/1992 prevedono che il genitore o il familiare lavoratore e il lavoratore disabile non possono essere trasferiti senza il loro consenso ad altra sede. Diversamente da quanto previsto per la scelta della sede, il rifiuto al trasferimento si configura come un vero e proprio diritto soggettivo. Si tratta infatti di una disposizione che rafforza ed estende quanto già previsto dal Codice Civile. All’articolo 2103 prevede, fra l’altro, che il lavoratore non possa essere trasferito da un’unità produttiva all’altra senza comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Il comma 5 dell’articolo 33 aggiunge a questa condizione, oltre alle ragioni appena illustrate, anche il consenso da parte dell’interessato. In caso di violazione si può ricorrere al Giudice con fortissime probabilità che l’azienda soccomba in giudizio.
Carlo Giacobini Tratto dal sito www.handilex.org